IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  proncuniato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  2629/90
 proposto dal Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa
 dell'ambiente e dei diritti degli utenti e consumatori),  in  persona
 del legale rappr.te pro-tempore  avv. Roberto Canestrelli, che agisce
 anche   in   proprio;  dell'Associazione  utenti  servizi  bancari  e
 assicurativi, in persona del legale rappr.te prof. Giovanni Mazzetti,
 che  opera  anche  in proprio; dell'I.I.C.A. (Istituto internazionale
 per  il  consumo  e  l'ambiente),  in  persona  del  legale  rappr.te
 pro-tempore  avv.  Giuseppe  Lo  Mastro, ricorrente anche in proprio,
 tutti elett.te dom.ti in Roma, viale delle Milizie n.  9,  presso  lo
 studio  degli  avv.  Carlo  Rienzi  e  Roberto  Canestrelli,  che  li
 difendono unitamente all'avv.   Giuseppe Lo Mastro,  limitatamente  a
 se' medesimo.
   contro  la  giunta  del  Comitato  interministeriale prezzi; il CIP
 (Comitato  interministeriale  prezzi);  il  Ministro  dell'industria,
 commercio  ed  artigianato, in persona dei rispettivi legali rappr.ti
 pro-tempore, rappresentati e difesi  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato;
   e  nei  confronti  dell'A.N.I.A. (Associazione nazionale imprese di
 assicurazione) rappr.ta e difesa dall'avv. Alessandro Pace,  elett.te
 dom.ta  presso  il suo studio in Roma, piazza delle Muse n. 8 e della
 New Hampshire Insurance Company, non costituitasi in giudizio;
   per l'annullamento della deliberazione della giunta del CIP n.   14
 del  26  aprile  1990,  che  ha determinato le tariffe dei prezzi per
 l'assicurazione della responsabilita' civile dei veicoli a  motore  e
 dei  natanti  da  applicarsi dal 1 maggio 1990 al 30 aprile 1991; del
 d.m. 10 marzo 1990, con il quale sono  stati  stabiliti  gli  importi
 complessivi  dei  caricamenti  sui  prezzi  dell'assicurazione  della
 responsabilita' civile derivante dalla  circolazione  dei  veicoli  a
 motore  e  dei  natanti per il periodo 19 maggio 1990-30 aprile 1991;
 del d.m. 14 gennaio 1989, con cui e' stata  nominata  la  commissione
 consultiva nonche' il parere reso da questa ultima sulla richiesta di
 aumenti;  dell'atto  di  proposta  del  Ministero dell'industria, del
 commercio  e  dell'artigianato;  e,   infine,   di   qualsiasi   atto
 presupposto, connesso o conseguenziale, anteriore o successivo.
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in giudizio della Avvocatura dello
 Stato;
   Visti i motivi aggiunti notificati il 24 gennaio 1991 il 6 febbraio
 1991;
   Viste la sentenza parziale di questa sezione n. 805 del  24  maggio
 1991 e l'ordinanza n. 804/1991 di pari data;
   Vista la sentenza della Corte costituzionale n. 315 del 29 giugno-8
 luglio 1992;
   Viste  le  memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Data per  letta,  alla  pubblica  udienza  del  9  giugno  1993  la
 relazione  del cons. Giuseppe Minicone e uditi gli avv.ti Rienzi e Lo
 Mastro e l'avv. dello Stato Giannuzzi.
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con ricorso notificato il 27, 28 giugno nonche' il  9  luglio  1990
 sono  stati impugnati i provvedimenti meglio specificati in epigrafe,
 relativi alla modifica  delle  tariffe  dei  premi  da  applicare  ai
 contratti  di  assicurazione  della  responsabilita' civile derivante
 dalla circolazione dei veicoli a motore e dei  natanti,  a  decorrere
 dal 1 maggio 1990 e fino al 30 aprile 1991.
   Gli istanti, nella veste dei titolari di contratti R.C. auto ovvero
 nella qualita' di associazioni asseritamente portatrici, per statuto,
 di interesse alla tutela dell'utente e alla determinazione del giusto
 prezzo,  sostengono  che  le tariffe assicurative avrebbero subito un
 sensibile ed ingiustificato aumento, derivante sia  dalla  elevazione
 del  premio  puro  in  ragione  del  2,4  per cento, sia dal maggiore
 contributo al Fondo sanitario nazionale (6,5 per cento, in luogo  del
 4  per  cento),  sia  dalla  quota  di  caricamento  applicata  dalle
 compagnie  assicurative  nella  percentuale  massima  stabilita   dal
 decreto  ministeriale  10 marzo 1990, sia, infine, soprattutto, dalle
 modifiche apportate al funzionamento del bonus-malus le  cui  "classi
 di merito" sono state elevate da 11 a 18.
   Tutto cio' in contraddizione con la notevole riduzione dei sinistri
 e   del   numero   delle   vittime  e  dei  feriti,  determinata  dai
 provvedimenti che, negli ultimi anni, hanno elevato notevolmente  gli
 standards di sicurezza stradale.
   Avverso  il  provvedimento impugnato, i ricorrenti hanno mosso, con
 l'atto introduttivo, le seguenti censure di illegittimita':
   1. - Violazione artt. 11, 5 cpv. legge 24 dicembre  1969,  n.  990,
 come  modificato dalla legge 26 febbraio 1977, n. 39: violazione art.
 1 d.lgs. 23 aprile 1946, n. 363; viol. art. 3,  d.lgs.  15  settembre
 1947, n. 896; viol. art. 97 della Costituzione; eccesso di potere.
   La  Commissione  ex  art.  11 legge n. 990/1969 avrebbe espresso il
 proprio parere - previsto obbligatoriamente dalla legge - in  assenza
 di alcuni suoi membri e di una tempestiva e regolare convocazione.
   Inoltre  la  Giunta  del  CIP  ed  il  CIP  in sede di ratifica non
 sarebbero stati composti dai  membri  previsti  per  legge,  ne'  gli
 stessi sarebbero stati regolarmente convocati con invio di ordine del
 giorno.
   2.  -  Viol.  art.  23-bis  commi 1 e 2 d.P.R. 24 novembre 1970, n.
 973; viol. art. 3 d.lgs. 15 settembre 1947, n. 896;  viol.  art.  11,
 quinto  cpv.  legge  24  dicembre  1969, n. 990, nel testo risultante
 dalle modifiche e aggiunte apportate dall'art. 1  d.-l.  23  dicembre
 1976,  n.  857, convertito con modificazione, nella legge 26 febbraio
 1997, n, 39; viol. art. 97 della Costituzione  e  principi  generali;
 incompetenza;  eccesso  di potere per assenza di motivazione; difetto
 di presupposti e sviamento.
   La giunta del  CIP  avrebbe  deliberato  l'aumento  delle  tariffe,
 riservato  per legge al Comitato interministeriale prezzi, in assenza
 del requisito della urgenza, inconfigurabile nella procedura de  qua,
 attesi i tempi e i modi che ne regolano lo svolgimento.
   In ogni caso, il provvedimento impugnato sarebbe gravemente viziato
 perche'  non  sono  state consultate le associazioni che tutelano gli
 interessi degli utenti, tra le quali il  Codacons,  mentre  e'  stata
 consultata  la Commissione ministeriale ex art. 11 legge n. 990/1969,
 illegittimamente composta, in quanto il  d.m.  14  gennaio  1989,  di
 nomina  di  tale  Commissione  vi  avrebbe inserito i soli produttori
 interessati e non gli utenti, costretti  a  fruire,  per  legge,  del
 servizio assicurativo.
   3.  -  Viol.  art.  11.  2  e  7  cpv., legge n. 990/1969 nel testo
 modificato dalla legge n. 39/1977; viol. art. 21 d.P.R.  24  novembre
 1970,  n.    973;  eccesso  di  potere  per  assenza dei presupposti,
 travisamento dei fatti e sviamento.
   In  contrasto  con  le  disposizioni in epigrafe - che correlano il
 calcolo dei premi puri al numero dei sinistri  avvenuti  in  ciascuno
 degli  esercizi presi in esame - le tariffe sarebbero state aumentate
 in assenza dell'incremento di detto numero ed attraverso una  tecnica
 di  calcolo  dei  sinistri  irregolare,  in quanto fondata sul numero
 totale dei moduli  CID  (convenzione  indennizzo  diretto)  inoltrati
 dagli assicurati, superiore a quello degli incidenti effettivi.
   4.  -  Viol. legge n. 990/69, artt. 3 e 97 della Costituzione; art.
 1321 c.c., art. 1339 c.c. e principi generali; eccesso di potere.
   Le clausole autoritative  che,  per  legge  si  inseriscono  in  un
 contratto,  la  cui stipula e' obbligatoria per il proprietario di un
 autoveicolo,
  non potrebbero avere carattere di retroattivita'.
   Sarebbe, quindi, illegittima l'applicazione  della  modifica  delle
 classi  di  merito del bonus-malus ai titolari di contratti in essere
 alla data della deliberazione  del  CIP,  avendo  questi  un  diritto
 quesito   a   conservare  la  progressione  delle  classi  (in  senso
 favorevole o sfavorevole) in vista delle quali il contratto era stato
 stipulato.
   5. - Questione subordinata di  costituzionalita'  dell'art.  11.  5
 cpv. legge 24 dicembre 1969, n. 990, nel testo modificato dalla legge
 26 febbraio 1977, n. 39, in relazione all'art. 23 della Costituzione.
   Poiche'  le  tariffe  della  R.C. auto rientrano tra le prestazioni
 imposte,  soggette  alla  riserva  di  legge   ex   art.   23   della
 Costituzione,  la  loro  determinazione,  in  via  amminstrativa, non
 potrebbero sottrarsi a  precise  garanzie,  individuate  dalla  Corte
 costituzionale,   in   relazione   ai   provvedimenti   del  Comitato
 interministeriale prezzi, nella partecipazione al procedimento  della
 Commissione  centrale  prezzi,  in quanto organo formato oltre che da
 tecnici, anche dai rappresentanti delle categorie interessate.
   Viceversa, nel procedimento di determinazione delle  tariffe  delle
 quali si discute, la Commissione centrale prezzi e' sostituita da una
 Commissione  ministeriale,  la  cui  composizione,  determinata dalla
 legge, non offrirebbe alcuna  delle  garanzie  ritenute  fondamentali
 dalla  Corte  costituzionale,  in  quanto ne sarebbe esclusa non solo
 ogni  rappresentanza  degli  interessi  degli  utenti,  ma  anche  la
 partecipazione  dei  diversi  Ministeri preposti all'attuazione delle
 finalita' dello Stato.
   Con  atto  depositato  il  20  settembre  1990,  si  e'  costituita
 l'Avvocatura    dello    Stato,    nell'interesse    e    per   conto
 dell'Amministrazione intimata.
   Con ordinanza presidenziale n. 299 del 12 ottobre 1990  sono  stati
 disposti  incombenti istruttori, cui l'Amministrazione ha ottemperato
 con un primo deposito documentale in data 26 novembre 1990, all'esito
 del quale, i ricorrenti, in data 24 gennaio 1991 hanno  notificato  i
 seguenti motivi aggiunti:
     1)  La  Commissione ex art. 11 legge n. 990/1969 avrebbe adottato
 il  proprio  parere  senza  alcuna  votazione,  rendendo  impossibile
 l'accertamento  se,  all'adozione  dello stesso, abbia partecipato il
 rappresentante dell'Automobile Club d'Italia,  presente  alla  seduta
 dell'11 aprile 1990.
     2)  Sarebbe  del  tutto  arbitraria  e  fonte  di  disparita'  di
 trattamento l'audizione, da parte della  Commissione  stessa,  di  un
 rappresentante  dell'A.C.I.,  con esclusione di altre Associazioni di
 tutela degli interessi dei consumatori, fra le quali la ricorrente.
     3)  La  Commissione  avrebbe  operato,  nella seduta del 27 marzo
 1990, in assenza di due membri, per i quali non si sarebbe  proceduto
 alla  verifica dell'avvenuta regolare convocazione. Per nessuna delle
 sedute, inoltre, risulterebbero la  regolarita'  e  la  tempestivita'
 delle convocazioni
     4)  Il  tempo  impiegato dalla Commissione, nelle diverse sedute,
 sarebbe stato del tutto insufficiente rispetto all'entita'  dei  dati
 da  esaminare,  con  palese  sintomo  di insufficienza di istruttoria
 nell'adozione del parere.
 Successivamente, poi, al  deposito  di  ulteriore  documentazione  da
 parte  dell'Avvocatura  dello  Stato,  in  data  1  febbraio  1991, i
 ricorrenti  hanno  notificato  ancora  motivi  aggiunti,  in  data  6
 febbraio 1991, con i quali hanno ulteriormente dedotto:
     1)  Risulterebbero confermate l'irregolarita' e l'intempestivita'
 delle convocazioni della Commissione ex art. 11  legge  n.  990/1969,
 non  potendosi  attribuire  efficacia  probatoria  ai fax esibiti, in
 copia, dall'Amministrazione.
     2) Le sedute   sia del CIP  che  della  giunta  del  CIP  non  si
 sarebbero svolte regolarmente, in quanto:
      a)  i  Ministri  competenti  sarebbero  stati,  per entrambi gli
 organi, quasi del tutto assenti ed  illegittimamente  sostituiti  dai
 Sottosegretari, per i quali non sono state esibite le deleghe;
      b)  alla seduta del CIP non sarebbero stati presenti il Ministro
 delle finanze ed il Ministro per i lavori pubblici;
      c) il provvedimento di ratifica del CIP sarebbe  stato  adottato
 senza alcuna motivazione ed in assenza di discussione;
      d)  la  riunione di ratifica del CIP sarebbe durata per un tempo
 del tutto incongruo rispetto ai provvedimenti di ratifica;
      e) nessuna motivazione sull'urgenza si ricaverebbe  dal  verbale
 della   seduta   della  giunta  del  CIP  e  nessuna  motivazione  si
 ricaverebbe sul merito del provvedimento adottato, essendosi recepito
 passivamente  il  parere  della  Commissione  ex  art.  11  legge  n.
 990/1969;
      f)  illegittimamente  avrebbe partecipato ai lavori della Giunta
 del CIP il prof. Filippi, giacche' la  partecipazione  degli  esperti
 sarebbe  prevista  solo  alle  sedute  del Comitato interministeriale
 prezzi;
      g) la seduta della Giunta del CIP sarebbe durata  per  un  tempo
 insufficiente ad una approfondita istruttoria;
      h)  la relazione del prof. Filippi alla Giunta sarebbe stata del
 tutto lacunosa sul funzionamento del bonus-malus;
      i) non sarebbe stata analizzata la discrepanza  tra  gli  indici
 evolutivi   sulla   frequenza   dei  sinistri  offerti  dal  Comitato
 consortile e quelli emergenti dagli studi ISTAT.
   L'Avvocatura dello Stato, con memoria depositata il 1 febbraio 1991
 e  il   5   aprile   1991,   ha   eccepito,   in   via   preliminare,
 l'inammissibilita'   del  ricorso  per  carenza,  nelle  associazioni
 ricorrenti, di legittimazione attiva, non essendo le stessi  titolari
 di  alcun  interesse  protetto.    Ad  identiche conclusioni dovrebbe
 pervenirsi anche nei confronti dei  rappresentanti  legali  di  dette
 associazioni,  i  quali  non  hanno  provato di essere titolari di un
 interesse protetto.
   Nel  merito,  il  patrocinio erariale ha confutato le doglianze dei
 ricorrenti,  sia  in  relazione   ai   motivi   contenuti   nell'atto
 introduttivo  sia  ai motivi aggiunti, concludendo per il rigetto del
 ricorso.
   Anche i  ricorrenti  hanno  prodotto  memorie  con  le  quali,  nel
 ribadire,  in  relazione  agli  statuti depositati, la legittimazione
 delle  Associazioni  istanti,  hanno  riaffermato  ed   ulteriormente
 sviluppato   le   proprie  ragioni  di  doglianza  avverso  gli  atti
 impugnati,   alla   luce,   anche,   della   documentazione   esibita
 dall'Amministrazione.
   Chiamato  il  ricorso  alla  pubblica  udienza  del 17 aprile 1991,
 questa Sezione, con sentenza parziale n. 805 del 24 maggio  1991,  ha
 dichiarato   infondati   taluni   motivi   (logicamente   prioritari)
 concernenti la regolarita' della formazione della volonta' collegiale
 del Comitato interministeriale prezzi.
   Ha proceduto, quindi, all'esame delle censure  rivolte  contro  gli
 atti  del  procedimento  posti a base della determinazione finale del
 CIP (e segnatamente contro il d.m. 14  gennaio  1989  di  nomina  dei
 componenti  della  Commissione  ministeriale,  incaricata  ex art. 11
 della  legge  24  dicembre  1969,  n.  990  di  esprime   il   parere
 obbligatorio  sulla  determinazione delle tariffe assicurative di cui
 trattasi) e, nell'affermare  che  il  Ministero  dell'industria,  del
 commercio  e  dell'artigianato si era attenuto alle indicazioni della
 norma sopracitata circa la composizione della Commissione stessa, ha,
 ritenuto rilevante, ai fini della decisione degli ulteriori motivi di
 gravame, e non manifestamente infondata la questione di  legittimita'
 costituzionale  della  norma  stessa,  in relazione all'art. 23 della
 Costituzione.
   Con ordinanza n. 804 del 24 maggio  1991  ha,  quindi,  sospeso  il
 giudizio rimettendo detta questione alla Corte costituzionale.
   Quest'ultima,  con  sentenza n. 315 del 29 giugno-8 luglio 1992, ha
 dichiarato inammissibile la question anzidetta  sul  rilievo  che  la
 stessa  era stata sollevata da questo tribunale dopo la decisione nel
 merito della causa, avendo questo Tribunale medesimo, col  respingere
 la  censura  rivolta  contro  il  d.m.  14  gennaio 1989, esaurito la
 propria cognizione e non essendovi quindi piu'  i  presupposti  della
 incidentalita'  del  giudizio sulla legittimita' costituzionale della
 legge.
   In data 21 marzo 1992 si e' costituita  l'A.N.I.A.  -  Associazione
 nazionale  fra  le  imprese  assicuratrici,  chiedendo il rigetto del
 gravame.
   Con istanza depositata il 30 novembre 1992 la difesa dei ricorrenti
 ha chiesto la fissazione della udienza di trattazione del ricorso, ai
 fini della definizione degli ulteriori mezzi di gravame, presentando,
 il 29 maggio 1993, una memoria riepilogativa.
   Anche l'Avvocatura dello Stato ha prodotto una memoria finale.
   Alla pubblica udienza  del  9  giugno  1993  il  ricorso  e'  stato
 assegnato al Collegio per la decisione.
                             D i r i t t o
   1. - Con ricorso notificato il 27-28 giugno 1990 e depositato il 25
 luglio 1990, le Associazioni e gli altri soggetti privati indicati in
 epigrafe,  hanno impugnato la deliberazione della giunta del Comitato
 interministeriale prezzi n. 14 del 26  aprile  1990  (ratificata  con
 deliberazione  del  CIP  del  22 maggio 1990) con la quale sono state
 determinate  le  tariffe  dei  prezzi   per   l'assicurazione   della
 responsabilita'  civile  dei  veicoli  a motore e dei natanti, per il
 periodo 1 maggio 1990-30 aprile 1991.
   2. - I ricorrenti, nel dolersi di tale deliberazione, che,  secondo
 il  loro  assunto,  avrebbe  comportato  aumenti ingiustificati delle
 tariffe precedentemente in vigore, hanno mosso numerosissime  censure
 a  tutti  gli  atti  del  procedimento,  appuntando,  tra l'altro, le
 proprie doglianze sugli atti istruttori che  erano  stati  alla  base
 dell'impugnata  determinazione e, segnatamente, sul parere reso dalla
 Commissione ministeriale prevista dall'art. 11,  sesto  comma,  della
 legge  24  dicembre 1969, n. 990, nel testo modificato dalla legge 28
 febbraio 1977, n. 39, di conversione del d.-l. 23  dicembre  1976  n.
 857.
   Di  tale  parere,  obbligatorio nel procedimento di cui si discute,
 essi hanno assunto  la  invalidita'  in  quanto  reso  da  un  organo
 illegittimamente  composto,  per  non  avere  il Ministero competente
 inserito, tra i componenti della Commissione, in violazione dell'art.
 11 sopracitato, rappresentanti degli interessi delle categorie  degli
 utenti   dei   servizi   assicurativi,   direttamente   incisi  dalla
 determinazione delle tariffe dei premi adottate dal CIP.
   In subordine, ove tale rappresentanza non  sia  stata  prevista  da
 detta   norma,  hanno  eccepito  l'illegittimita'  costituzionale  di
 quest'ultima per contrasto con l'art. 23 della Costituzione.
   3. - Con sentenza parziale  n.  805  del  24  maggio  1991,  questa
 Sezione,  riordinando secondo una sequenza logica di pregiudizialita'
 i diversi mezzi di gravame, ne ha respinto un gruppo  concernente  la
 regolarita'    della   formazione   della   volonta'   dell'Autorita'
 deliberante.
   Nel prendere in esame, quindi, secondo l'ordine  logico  anzidetto,
 le  doglianze  rivolte  dai  ricorrenti  contro la legittimita' della
 composizione della Commissione deputata, ex art. 11  della  legge  n.
 990/1969, ad esprimere il parere obbligatorio da sottoporre al CIP in
 sede  di determinazione finale delle tariffe dei prezzi assicurativi,
 questa Sezione medesima ha  rilevato  come  tale  composizione  fosse
 fissata   dalla   norma   citata   e   come,   quindi,  il  Ministero
 dell'industria, nell'emettere il  d.m.  14  gennaio  1989  (anch'esso
 impugnato)  non  poteva determinarvi nel senso, preteso dagli istanti
 di includervi anche i rappresentanti delle categorie degli utenti.
   Su  tale  presupposto,  ha,  quindi  ritenuto   rilevante   e   non
 manifestamente  infondata  la  questione  incidentale di legittimita'
 costituzionale del  menzionato  art.  11  della  legge  n,  990/1969,
 provvedendo, con ordinanza n. 804 del 24 maggio 1991, a sospendere il
 giudizio ed a rimettere la questione stessa all'Organo competente.
   4.  -  La Corte costituzionale, con sentenza n. 315 del 29 giugno-8
 luglio 1992, ha, tuttavia, dichiarato inammissibile la  questione  de
 qua, affermando:
     che questo tribunale aveva emanato l'ordinanza di remissione dopo
 aver  pronunciato la sentenza parziale con la quale aveva respinto la
 censura rivolta contro il d.m. 14 giugno 1989,  riconoscendo  che  il
 Ministero   dell'industria,   commercio   ed   artigianato   si   era
 correttamente  attenuto  alla  legge  nel  comporre  la   Commissione
 ministeriale  prevista  dall'art.  11,  sesto  comma,  della legge n.
 990/1969;
     che  con  tale decisione questo tribunale medesimo aveva definito
 quello che era l'unico oggetto del giudizio, esaurendo di conseguenza
 la propria cognizione, cosi' che l'ammettere la  questione  sollevata
 dopo  la  decisione  del  merito  della  causa  si  sarebbe  posto in
 contraddizione evidente col carattere incidentale del giudizio  sulla
 legittimita' costituzionale delle leggi.
   5. - Questo Collegio, nel prendere atto della pronuncia della Corte
 costituzionale  sopra  menzionata, non puo', tuttavia, sottrarsi alla
 necessaria considerazione che, alla stregua della  articolazione  dei
 numerosi   mezzi  di  censura  proposti  dai  ricorrenti  con  l'atto
 introduttivo e con i motivi aggiunti, il  presupposto  dal  quale  ha
 preso   le   mosse   il   giudice   delle   leggi,   nel   dichiarare
 l'inammissibilita' della  questione  sollevata  da  questo  tribunale
 (l'essere   venuto   meno,  cioe',  il  carattere  incidentale  della
 questione stessa per avere il  giudice  a  quo  esaurito  la  propria
 cognizione,  definendo  quello  che era l'unico oggetto del giudizio)
 appare non coincidente con la realta'  processuale  del  giudizio  in
 esame.
   5.1.  - Al riguardo, questo tribunale deve doverosamente chiarire -
 anche al  fine  di  offrire  alla  Corte  costituzionale  ogni  utile
 elemento  di  valutazione  -  che, con la sentenza parziale cui si e'
 fatto cenno, non ha definito il merito della causa, ma ha deciso solo
 alcuni dei motivi dedotti (concernenti, come si e' esposto in  fatto,
 vari    momenti    del    contestato   procedimento),   soffermandosi
 sull'impugnato d.m. 14 gennaio 1989, adottato ai sensi  dell'art.  11
 della  legge  n.  990/1969,  esclusivamente per confutare la tesi dei
 ricorrenti,  secondo  la  quale  detta  norma  avrebbe  imposto   una
 composizione  della  Commissione  differente  da  quella  fissata dal
 Ministero dell'industria.
   5.2. - Sulla diversa  censura  concernente  la  legittimita'  della
 composizione  di  detta  Commissione,  cosi'  come stabilita dal piu'
 volte citato art. 11, questo tribunale non si e' invece  pronunciato:
 come  pure  non si e' pronunciato sulla ulteriori censure, procedenti
 logicamente dalla risoluzione di detta questione, che a  loro  volta,
 investono aspetti formali e sostanziali del parere emesso dall'organo
 collegiale   ed   i  conseguenti  riflessi  della  illegittimita'  di
 quest'ultimo sul provvedimento del CIP di  fissazione  delle  tariffe
 dell'assicurazione R.C. auto per il periodo 1990-1991.
   5.3.  -  Ne  consegue che questo giudice non ha esaurito la propria
 cognizione sulla materia  del  contendere,  per  la  cui  definizione
 appare    tuttora    rilevante   la   questione   di   illegittimita'
 costituzionale dell'art.  11, sesto comma, della legge  n,  990/1969,
 essendo,   come   e'   giurisprudenza   pacifica,   la  (in  ipotesi)
 riconosciuta illegittimita' della composizione dell'organo collegiale
 deputato ad esprimere il parere equiparata  al  vizio  assorbente  di
 incompetenza,   suscettibile,   da   solo,   di  travolgere  l'intero
 procedimento.
   6. - Detta questione  e'  sollevata  dai  ricorrenti  in  relazione
 all'art.    23  della  Costituzione,  sul  rilievo  che rientrando le
 tariffe in contestazione tra le prestazioni patrimoniali imposte,  la
 loro  determinazione,  in via amministrativa non potrebbe sottrarsi a
 precise garanzie, assenti nel  procedimento  de  quo  atteso  che  la
 composizione  della  Commissione ministeriale, cosi' come specificata
 dalla legge, non soddisferebbe  quei  requisiti  minimi  riconosciuti
 essenziali   dalla   stessa  Corte  costituzionale  in  relazione  ai
 provvedimenti del Comitato interministeriale prezzi.
   6.1. - Una siffatta questione non appare al Collegio manifestamente
 infondata, come gia' ritenuto l'ordinanza n. 805/1991.
   6.2. - Ed invero, non sembra a questa sezione revocabile in dubbio,
 in relazione alla disciplina introdotta dalla legge 24 dicembre 1969,
 n.  990,  che  le  tariffe  delle  quali si discute abbiano natura di
 prestazioni patrimoniali imposte.
   Trattasi, infatti, di tariffe che,  una  volta  approvate  dal  CIP
 (art.  11,  sesto  comma, legge n. 990/1969) sono inserite di diritto
 nei contratti di assicurazione con decorrenza  dalla  prima  scadenza
 annuale  di premio successiva alla data di pubblicazione del relativo
 provvedimento  e  comunque  dal   trecentosessantacinquesimo   giorno
 successivo  alla  pubblicazione  stessa  (art.  11, nono comma, legge
 cit.).
   Ora, ove si abbia riguardo alla  circostanza  che  la  stipula  del
 contratto   di   assicurazione   per  la  responsabilita'  civile  e'
 obbligatoria, ai sensi dell'art. 1 della piu' volte menzionata  legge
 n.  990/1969,  per  ogni proprietario di veicolo a motore che intenda
 far circolare lo stesso su strade di uso pubblico o su aree a  queste
 equiparate, appare di tutta evidenza che la liberta' del cittadino di
 sottrarsi  al  pagamento  del  premio  assicurativo  si riduce, nella
 specie,  alla  sola  facolta'  di  rinunciare  ad  usufruire  di   un
 autoveicolo;  il  che,  nell'attuale  assetto  della vita sociale, si
 risolve nel sacrificio di interessi  non  solo  assai  rilevanti,  ma
 addirittura   impingenti   nell'esercizio   di   diritti   di  ordine
 costituzionale, quali quello alla liberta' di movimento o,  in  molti
 casi,  al  lavoro,  tenuto conto della strumentalita' insostituibile,
 per   molte   attivita'   produttive,   che    ha    assunto    l'uso
 dell'autoveicolo.
   L'alternativa,   per   il   cittadino,  in  altri  termini,  rimane
 esclusivamente circoscritta tra la rinunzia al soddisfacimento di  un
 bisogno    ormai    essenziale   e   l'accettazione   di   condizioni
 unilateralmente e autoritativamente prefissate, circostanze,  queste,
 gia' ritenute sufficienti dalla Corte costituzionale per la qualifica
 come  prestazioni  imposte  di  altre  tariffe  (nella specie, quelle
 telefoniche; cfr. sent. n. 72 del 27 marzo 1969).  Con la conseguenza
 che, anche per la determinazione autoritativa delle tariffe dei premi
 dell'assicurazione R.C. auto deve considerarsi necessaria la presenza
 di quelle  garanzie  che  l'art.  23  della  Costituzione  ha  voluto
 preordinare attraverso la riserva di legge.
   6.3. - Ora, per quel che concerne, in particolare, l'individuazione
 di   garanzie   sufficienti,  la  stessa  Corte  costituzionale,  con
 specifico riferimento alla potesta' autoritativa affidata dalla legge
 al Comitato interministeriale prezzi, le ha ravvisate (sent.  n.  103
 del 25 giugno 1957 e sent. n. 72 del 1969 cit.) nella circostanza che
 la determinazione finale di quest'ultimo, cosi' come disciplinata dal
 legislatore,  deve essere preceduta da una istruttoria da parte di un
 organo qualificato (la Commisione centrale prezzi),  composta,  oltre
 che  da  tecnici - i quali esercitano la funzione di accertamento dei
 fattori economici che incidono sui prezzi -, anche da  rappresentanti
 delle categorie interessate, che svolgono una concorrente funzione di
 tutela degli interessi contrapposti.
   6.4.  Senonche',  nel  procedimento di determinazione delle tariffe
 dei premi assicurativi, cosi' come delineato dall'art. 11 della legge
 n. 990/1969  e  successive  modificazioni,  la  Commissione  centrale
 prezzi,   per   espressa   previsione  normativa  (sesto  comma),  e'
 sostituita  da  una  Commissione  ministeriale,  la  cui   differente
 composizione  non  sembra al Collegio soddisfare tutte le esigenze di
 garanzia, sulle quali ha posto l'accento la Corte costituzionale, per
 concludere circa la legittimita' costituzionale del  procedimento  di
 determinazione  autoritativa  di tariffe aventi natura di prestazioni
 imposte.
   6.5. - Occorre rilevare, in particolare, come la composizione della
 Commissione  ministeriale  de  qua  non  consenta  alla   stessa,   a
 differenza  della  Commissione  centrale prezzi, di avere una visione
 globale, ai fini della determinazione delle tariffe oggetto di esame,
 dell'incidenza di queste ultime sui diversi  settori  che  concorrono
 all'economia nazionale.
   6.5.1.  -  Viene,  in evidenza, anzi tutto, la circostanza, che non
 sembra al Collegio irrilevante, che la Commissione ex art. 11  e'  un
 organo costituito nell'ambito del Ministero dell'industria, commercio
 e artigianato e per soli fini consultivi di questo ultimo, laddove la
 Commissione centrale prezzi si radica all'interno dell'organizzazione
 del  CIP.  Il  che  comporta,  come  conseguenza  immediata sul piano
 strutturale e funzionale, che l'organo stesso  non  appare  idoneo  a
 porsi  come  sede  di  confronto  di  una  molteplicita'  di  fattori
 economici,   essendo   in   esso   prevista   lasola   rappresentanza
 istituzionale  del  Ministero  da  cui promana e dell'INA, laddove la
 Commissione centrale prezzi  (art.  2  d.lv.  lgt.  n.  363/1946)  e'
 composta  da rappresentanti di tutti i principali dicasteri, ciascuno
 portatore, ovviamente, di esperienze specifiche, da confrontarsi  con
 quelle che sono, di volta in volta, alla base della determinazione da
 adottare;  il  che  appare,  gia'  di  per  se', indice di una minore
 garanzia per i destinatari delle tariffe assicurative, rispetto  alla
 determinazione degli altri prezzi che pure fanno capo dal CIP.
   6.5.2.  -  Manca, inoltre, il rappresentante dell'Istituto Centrale
 di  Statistica,  ovvero  proprio   del   soggetto   istituzionalmente
 preposto, nel nostro ordinamento, alla rilevazione ed elaborazione di
 tutti   quei  dati  oggettivi  che,  comunque,  possono  agire  sulla
 determinazione dei prezzi e delle  tariffe  (art.  2  d.lv.  lgt.  n.
 368/1946).
   6.5.3.  -  Mancano,  infine, i rappresentanti degli interessi delle
 categorie contrapposte (cfr. art. 6 d.lv. C.P.S. n. 696/1947).
   6.5.4. - In definitiva, la Commissione de qua, pur sostitutiva  per
 legge  della  Commissione centrale prezzi, si atteggia come un organo
 sostanzialmente diverso da questa ultima, nel quale la presenza degli
 "esperti" e' preordinata a fornire  solo  un  supporto  tecnico  alle
 deliberazioni  del CIP, in materia di tariffe assicurative, venendo a
 mancare, invece,  la  garanzia  che,  nell'esercizio  della  funzione
 istruttoria   e   consultiva,   siano   anche  equamente  valutati  e
 contemperati, da un lato, tutti i profili  collaterali  di  incidenza
 della  adottanda  deliberazione  rispetto  ad altri settori economici
 anch'essi  rilevanti,  dall'altro,  gli  interessi  delle   categorie
 coinvolte  e,  segnatamente, di quelle degli utenti del servizio, sui
 quali, in definitiva, vengono  a  riverberarsi  obbligatoriamente  le
 tariffe cosi' determinate.
   6.5.5. - In conclusione, non sembra al Collegio che la composizione
 della Commissione ministeriale che interviene obbligatoriamente nella
 fase istruttoria del procedimento di determinazione delle tariffe dei
 premi  assicurativi  della R.C. auto, rispetti le garanzie che l'art.
 23  della  Costituzione  ha  voluto  apprestare  per  le  prestazioni
 particolari  imposte,  attraverso  la  riserva  di  legge, cosi' come
 puntualizzate dalla stessa Corte costituzionale con le sentenze sopra
 citate.
   7. - Cio' stante, reputa la  Sezione  che  l'approfondimento  e  la
 conseguente  soluzione della delineata questione di costituzionalita'
 dell'art. 11, sesto comma, della legge 24 dicembre 1969, n. 990,  nel
 testo  modificato dalla legge 26 febbraio 1977, n. 39, di conversione
 del d.-l. 23 dicembre 1976, n. 857, in relazione  all'art.  23  della
 Costituzione,  vadano nuovamente rimesse nella competente sede e, nel
 frattempo, sospende ogni ulteriore pronuncia sul presente giudizio.